
Nella rivoluzione in atto il digitale è solo una parte, per quanto centrale. Occorre comprendere tutte le direttrici della trasformazione per poterne essere protagonisti attivi e non subirla passivamente
Questa è la trascrizione dell’episodio #03 del mio podcast Il senso Digitale.
Se preferisci puoi ascoltare qui
Una rivoluzione da pensare
Immagina di rinnovare la tua casa. Cosa cambieresti? I pavimenti? I mobili? I colori delle pareti? Butteresti giù qualche muro o ne creeresti uno nuovo? Ecco magari faresti degli schizzi su un foglio, con le misure…la così, qui colà…o magari addirittura ti faresti fare un disegno da un architetto…
Ecco, mettersi lì a immaginare e a pensare a come si vorrebbe il futuro è qualcosa che si fa quando si rivoluziona qualcosa. E, in qualche modo, le più grandi rivoluzioni epocali sono state prima pensate, cullate, immaginate.
Questa no. Questa rivoluzione digitale, di cui tanto si parla, la stiamo facendo, senza che sia stata ancora pensata. Se ne parla tanto proprio perché se ne sa ancora poco, si fatica a individuarne i contorni e i contenuti. Ci sono tentativi di lettura diversi e frammentati per ora e forse alla grande maggioranza delle persone non interessa neppure leggerla.
Tale peculiarità la rende particolarmente ostica, tanto più considerato che tutto sta cambiando molto velocemente. La velocità associata alla complessità sono due connotati che rendono questi cambiamenti difficili da digerire a molti.
Cosa diavolo é la complessità
L’immagine di uno stormo di uccelli in volo ci può aiutare a comprende di che si tratta. Steven Strogatz, uno dei massimi esperti di complessità è famoso per i suoi studi sulla sincronicità dei sistemi dinamici e ha messo in evidenza cosa rende uno stormo così coordinato.
Innanzitutto una motivazione forte: la sopravvivenza. Gli uccelli si muovono tutti insieme quando migrano e migrano quando si rende necessario andare in luoghi più favorevoli per la loro sopravvivenza. E’ un movimento autoregolato, in cui nessuno dei membri dello stormo assume un ruolo di guida. Semplicemente tutti sanno cosa fare e seguono alcune semplici regole: ognuno è consapevole solo di chi ha a fianco, deve tenere una velocità media, stare a una distanza di circa tre volte il proprio corpo e, quando arriva un predatore, ognuno deve pensare a salvarsi.
Certamente questa cosa non è da prendere come una metafora applicabile al comportamento umano. Ciò che è interessante, invece, è che Strogatz sottolinea con esempi simili due aspetti: la complessità si attiva per garantire la sopravvivenza e sono regole semplici a regolare comportamenti complessi.
Inoltre la complessità aumenta sempre per due motivi: l’accelerazione e la competizione tra specie. Così per esempio i moscherini hanno sviluppato un volo collettivo più complesso, spesso li vediamo che si muovono impazziti, perché oltre a spostarsi devono difendersi da più predatori.
Quindi, di per sé la complessità ha un intento positivo di sopravvivenza, ma a noi umani provoca spaesamento perché aumenta la velocità e la competizione e noi in quanto essere umani e non animali, abbiamo delle categorie deboli da tutelare.

Muoversi senza certezze
Nell’ultimo decennio il mondo è diventato più instabile e il futuro meno prevedibile. Una delle cose che più mi affascina del mio lavoro è la possibilità di incontrare spesso persone capaci di muoversi senza certezze. Persone che nonostante la paura rimangono in volo e continuano a sognare nuovi luoghi in cui atterrare, coinvolgendo anche altri nei propri sogni.
Non solo a livello imprenditoriale, conta molto più di prima saper sognare e rischiare, serve più intuito e agilità d’azione, per stare dietro alle velocità di un contesto accelerato. In questo senso viviamo un periodo storico in cui facciamo la rivoluzione senza averla pensata.
Ora, si può discutere sul fatto che fosse meglio un passato più lento e più sicuro, ma guardare avanti attraverso lo specchietto retrovisore può rivelarsi una pericolosa retrotopia (come la chiamava Bauman). Semmai può essere più saggio capire quali valori del passato sarà bene reinterpretare e potenziare per il futuro.

Le tre rivoluzioni e l’innovazione
Tanto più che la famosa rivoluzione digitale, coinvolge ogni aspetto della nostra vita sociale e individuale. Di digitale ha il motore, che ha innescato profondi cambiamenti, attivando tre grandi rivoluzioni: economica, politica, culturale.
La rivoluzione economica riguarda il passaggio da un’economia industriale e postindustriale basata sulla catena di montaggio e un marketing tradizionale, a un economia smaterializzata, basata sul valore. La rivoluzione politica vede al centro il rapporto del potere politico con i grandi player digitali. La rivoluzione culturale ha a che fare sugli effetti del digitale e delle nuove dinamiche economiche e politiche a livello sociale, sugli atteggiamenti individuali e le implicazioni cognitive e relazionali.
La complessità naturalmente agisce rispetto a tutte queste tre dimensioni e le modalità di approccio ad essa fanno la differenza. Ciò che fa paura della complessità è rimanerne vittima, in questo senso essa in effetti presenta il proprio lato oscuro perché costringe a una reazione, un adeguamento imposto dal contesto. Ma, se dove c’è l’ombra c’è anche la luce, il lato positivo è che si può scegliere di partecipare alla complessità generandola. Vale a dire che c’è chi reagisce alla complessità passivamente e chi agisce costruttivamente, introducendo in essa innovazione. E l’innovazione può essere digitale e non digitale. Grandi innovazioni, di questi tempi, a mio avviso, sono anche tutte quelle iniziative che vanno proprio nella direzione di equilibrare l’accelerazione tecnologica e difendere e affermare l’umano che è nell’uomo.
Un esempio eclatante, proprio di questi giorni, è l’iniziativa di un imprenditore edile bergamasco, Danilo Dadda, che ha creato un Book Club nella propria azienda, prevedendo un premio economico per ogni libro letto e raccontato da ciascun dipendente ai colleghi nel corso di riunioni apposite. Ecco, incentivare la lettura in un contesto aziendale è altamente innovativo sotto tutti i punti di vista. Rompe uno schema, tanto più in un settore lontano dalla cultura nell’immaginario collettivo. Stabilendo un premio in denaro, conferisce valore materiale immediato al bene immateriale della conoscenza. Prevedendo che ogni lettore racconti i libri letti, favorisce la condivisione della conoscenza. Inoltre, la comunicazione all’esterno di questa attività, oltre ad amplificare una reputazione aziendale positiva, diventa esemplare e stimola l’emulazione, con potenziali effetti sociali significativi. E, si sa, la lettura alimenta cultura: mantiene acceso il senso critico e l’acutezza di osservazione, anche dei fenomeni economici, politici e sociali.
